giovedì 27 giugno 2013

CAP II § 2

LO IUS AEDIFICANDI
Gambaro, ius aedificandi e nozione civilistica della proprietà

Lo ius aedificandi soffrì sempre di limiti: Partendo dal Digesto si trova che gli interpreti vi rinvennero: a) accenni alle servitus altius non tollendi; b) divieto degli atti emulativi; c) affermazione del diritto di edificare.

Il divieto di variare il "vetus ordo aedificorum" si rilevava anche nel conflitto tra vicini, uno dei quali volesse edificare: la "servitus altius non tollendi" si configuròcome rimedio concesso all'edificante per superare l'ostacolo. Da ciò una trasformazione della "libertas" in"servitus".
In tema di diritto a edificare gli statuti codificarono quelle regole che gli scrittori dei secoli precedenti avevano preparato: per acquistare contrattualmente il diritto a edificare si ricorreva alle servitù.
Successivamente la servitus altius non tollendi sparì a causa delle leggi speciali.


Altro filone utilizzato dai giuristi medievali per risolvere il problema edilizio è quello degli atti emulativi.
Giova ricordare come agli statuti non fecero ricorso al meccanismo delle distanze legali: la ragione risiede nell'insufficienza di esso ove non sia affiancato da un controllo sull'altezza e sull'utilizzo, e nell'esistenza al tempo di strumenti siffatti. Fu così tentata la via del divieto di atti emulativi, la cui chiave di volta è la prova dell'animus nocendi: sul vicino gravava in positivo l'onere di provare l'utilità della costruzione. Si presero a ipotizzare casi ricorrendo i quali vi poteva pur essere la inversione dell'onere della prova: era il proprietario a dover provare l'utilità.

Il sistema francese
La nozione di proprietà poi divenuta classica, non è il risultato ne della rivoluzione francese ne del code napoleon, ma il risultato di un lento processo di chiarificazione operato dalla dottrina. L'idea di proprietà recepita nel Code Napolèon ha avuto la sua culla nella scuola del diritto naturale; ma i giusnaturalisti, dopo aver sostenuto che il diritto di ciascuno deve essere garantito nei limiti dell'appartenenza, non si curano di determinare il contenuto dell'appartenenza stessa.
La proprietà era predicata come assoluta nonostante la presenza di limiti. Il problema dei limiti è risolvibile solo a livello di tutela costituzionale, ma l'area francese è sempre stata restia al controllo di costituzionalità sulle leggi.
La visione da parte degli interpreti di una garanzia per la proprietà privata e la previsione di un indennizzo risulta ben diversa da quella applicata nella realtà: mentre l'indennizzo dovrebbe compensare l'onere subito da un soggetto, esso fu applicato solo nel caso dell'espropriazione e dei danni cagionati da opere di pubblica utilità.

La Francia fu pioniera nell'imporre il permesso preventivo della P.A. per l'edificazione.
La giurisprudenza negò che l'autorizzazione amministrativa valesse a garantire l'immunità agli industriali inquinanti: presto, tuttavia, accordò al privato vicino il risarcimento del danno, negandogli il diritto a ottenere la cessazione del comportamento lesivo.
Le corti accordavano il risarcimento soltanto allorché il pregiudizio sofferto dal privato fosse eccessivo, rifiutandosi però di precisarne l'ambito.
in precedenza la dottrine identificava i cattivi rapporti di vicinato con le immissioni, successivamente vennero introdotti i casi di lesione anche in difetto di queste (ad esempio il divieto di costruire oscurando il giardino adiacente).
L'evoluzione del concetto di proprietà in Francia nella prima metà del Novecento appare frutto di un dibattito interno alla sola componente dottrinale, nel senso che le teorie proposte non sembrano avere condizionato il sistema giuridico.

Il sistema italiano
La questione circa la possibilità di pretendere dai vicini il rispetto dei regolamenti amministrativi ricevette dapprima risposta negativa, e in breve positiva.
Erano opposte le prospettive della dottrina e della giurisprudenza: la prima considerava la proprietà ugualmente circoscritta dai limiti di interesse privato e da quelli di interesse pubblico; la seconda riteneva, invece, che tutte le norme edilizie servissero a regolare anche i rapporti tra proprietari.


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