giovedì 27 giugno 2013

CAP II § 5

DIRITTI E RIMEDI IN PROSPETTIVA COMPARATISTICA

Adolfo Di Majo, La tutela civile dei diritti
Nel sistema di Civil Law, com'è noto, la tutela civile dei diritti si trova costretta tra l'esigenza di ascrivere a diritto soggettivo ogni posizione o pretesa che aspiri a essere tutelata davanti ai giudici, e l'individuazione dello strumento processuale più appropriato di tutela (condanna, accertamento, sentenza costitutiva). Diritto soggettivo più azione sono le tradizionali coordinate del sistema di tutela civile dei diritti. Anche i codici sono influenzati da questa visuale (art. 2907 c.c.). Nel c.p.c. è scritto che "chi vuol fare valere un diritto in giudizio deve proporre domanda al giudice competente" (art. 99).

L'esperienza del diritto anglosassone privilegia invece l'angolo visuale dei rimedi anziché quello dei diritti soggettivi. Approssimativamente si può dire che il rimedio è la concreta risposta che l'ordinamento assicura contro un torto ricevuto. Si tratta dunque di privilegiare il momento della lesione di un interesse e ciò con la predisposizione di adeguati strumenti di reazione.

La Common Law è figlia delle cosiddette forms of action (per es., action on the case, action of trespass, ecc.) della tradizione medioevale, sistema che, al pari del processo formulare romano, presupponevano che ogni pretesa fosse calata in uno stampo preciso (writ), caratterizzato da una distinta procedura. Pure essendo state formalmente abolite le cosiddette forms of action nel XIX secolo, la memoria di esse è ancora ben presente nel sistema di tutela anglosassone. Esso, comunque, pur dopo l'abolizione delle cosiddette forms of action, non ha mai recepito il modello continentale dei diritti soggettivi, e si è sviluppato nella diversa direzione (della prospettazione) di concreti rimedi di tutela da far valere davanti agli organi giudiziari.


Nel sistema di Common Law il giudizio di rilevanza degli interessi che si intendono proteggere è dato dai giudici e ciò in occasione della concessione del rimedio mentre, nel sistema di Civil Law, questo giudizio promana dal legislatore e ha la veste, si è detto, della norma attributiva di diritti. Il che dovrebbe spiegare la ragione per cui, nel sistema di Common Law, la forma di protezione dell'interesse è espressa in termini di rimedi e non di diritti.

Aldo Frignani, L'injunction nella Common Law e l'inibitoria nel diritto italiano
Il contenuto dell'ordine del giudice può essere duplice: negativo, quando si comanda di non fare un determinato atto (prohibitive injunction), positivo quando si comanda di fare un determinato atto (mandatory injunction).
Si è già notato che la Common Law conosce diversi tipi di injunctions:
final injunction-> è concessa dopo che è intervenuta una decisione giudiziale sul merito (after a full trial on the merits), e diventa anzi parte integrante di questa, a meno che non si tratti di un declamatory judgment. In altri termini, essa ha per presupposto l'accertamento da parte del giudice della violazione del, o della minaccia al, diritto dell'attore.
preliminary injunction-> ha tutte le caratteristiche proprie di un provvedimento d'urgenza o cautelare, il suo scopo è quello di mantenere lo status quo e di prevenire ulteriori violazioni, i cui effetti potrebbero risultare irreparabili, nelle more del procedimento.
L'injunction bond-> rappresenta un istituto di carattere processuale, la cui imposizione e determinazione è sempre lasciata alla ampia discrezionalità del giudice.

Silvia Ferreri, Le azioni reipersecutorie
In Italia
Chi promuove l'azione (cioè il legittimato attivamente) è il proprietario ". E "la prova della proprietà ha da essere completa; cioè porre in essere precisamente il diritto di proprietà: non basterebbe che l'attore provasse di avere un titolo a proprio favore più forte di quello che vanta il convenuto". Se vogliamo dirla con la giurisprudenza "ortodossa", la rivendicazione "ha lo scopo principale di far conoscere, a favore dell'attore, il diritto di proprietà della cosa rivendicata e, conseguentemente, di fargliene ottenere la restituzione da chiunque la detenga.
L'attore è tenuto a dare prova del suo diritto di proprietà, anche se il convenuto abbia chiesto di provare la legittimità del suo possesso; di conseguenza, ove manchi la prova incombente all'attore, la domanda di rivendica dev'essere rigettata, ancorché sia fallita la prova assuntasi dal convenuto. E ciò perché la posizione del convenuto è resa forte dal solo possesso, contro il quale il rivendicante non può opporre soltanto un diritto migliore e più fondato, ma deve dimostrare che egli è proprietario, e come tale legittimato a proporre l'azione di rivendica. Se tuttavia il convenuto ritenga opportuno invocare il titolo che comprova il suo diritto di possedere la cosa, questa difesa non può tornare a suo pregiudizio e quindi non vale a escludere il principio del "possideo quia possideo" e non può implicare rinuncia alla posizione vantaggiosa che al convenuto deriva dal possesso".

in tema di rivendicazione non sussiste alcuna norma che limiti la prova a quella documentale, tanto più che l'azione può esser esercitata anche da chi abbia acquistato la proprietà per usucapione, senza necessità di alcun precedente accertamento giudiziale. Ancora ci informano che qualsiasi mezzo (anche la presunzione: per es. il possesso, unito con altri indizi) può impiegarsi, per provare la proprietà come stato, o dato di fatto, mentre occorre la prova scritta, soltanto per la dimostrazione del contratto traslativo, ossia quando l'attore in rivendica intenda ricollegare ricollegare il proprio titolo di acquisto a quello del proprio autore immediato o risalire la serie degli acquisti precedenti, dai quali dipende il proprio diritto.

le "azioni di mero accertamento" ->azioni nelle quali l'attore non pretende
la restituzione del possesso, ma chiede "solo che sia giudizialmente dichiarato, con efficacia erga omnes, che una determinata cosa si appartiene a lui": apprendiamo che in questi casi all'attore non è richiesto nulla se non di esibire un valido titolo di acquisto.

I mobili smarriti o rubati
In tutti e tre gli ordinamenti continentali considerati nella presente indagine, sono esistite o tuttora esistono azioni reipersecutorie mobiliari che il legislatore ha istituito con caratteri intermedi tra il petitorio e il possessorio. In Italia sotto il vigore del codice abrogato, in Francia per la lettera laconica dell'art. 2279, in Germania per effetto dell'espressa previsione del par. 1007 BGB, si è attribuito al possessore involontariamente privato del possesso per un proprio atto di negligenza (smarrimento) o per un sotterfugio altrui (furto), la legittimazione ad agire contro l'attuale possessore del bene, realizzando una protezione mediante una pretesa al possesso non fondata su un titolo proprietario.
La struttura dell'azione prevista nei diversi ordinamenti è la stessa: un soggetto che ha avuto il possesso vuole recuperarlo contro il possessore attuale, dimostrando di esser stato privato del bene senza il concorso della propria volontà.
Nel confronto fra Francia e Germania la differenza più significativa sembra consistere in ciò che in Germania l'attore ha la scelta tra due diverse azioni, quella di rivendicazione, per la quale egli deve rivestire i connotati del proprietario, e quella in cui l'attore fa valere il proprio precedente possesso e, alternativamente, la perdita involontaria o la mala fede del convenuto.


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