DIRITTI
E RIMEDI IN PROSPETTIVA COMPARATISTICA
Adolfo
Di Majo, La tutela civile dei diritti
Nel
sistema di Civil Law, com'è noto, la tutela civile dei diritti si
trova costretta tra l'esigenza di ascrivere a diritto soggettivo ogni
posizione o pretesa che aspiri a essere tutelata davanti ai giudici,
e l'individuazione dello strumento processuale più appropriato di
tutela (condanna, accertamento, sentenza costitutiva). Diritto
soggettivo più azione sono le tradizionali coordinate del sistema di
tutela civile dei diritti. Anche i codici sono influenzati da questa
visuale (art. 2907 c.c.). Nel c.p.c. è scritto che "chi vuol
fare valere un diritto in giudizio deve proporre domanda al giudice
competente" (art. 99).
L'esperienza
del diritto anglosassone privilegia invece l'angolo visuale dei
rimedi anziché quello dei diritti soggettivi. Approssimativamente si
può dire che il rimedio è la concreta risposta che l'ordinamento
assicura contro un torto ricevuto. Si tratta dunque di privilegiare
il momento della lesione di un interesse e ciò con la
predisposizione di adeguati strumenti di reazione.
La
Common Law è figlia delle cosiddette forms of action (per es.,
action on the case, action of trespass, ecc.) della tradizione
medioevale, sistema che, al pari del processo formulare romano,
presupponevano che ogni pretesa fosse calata in uno stampo preciso
(writ), caratterizzato da una distinta procedura. Pure essendo state
formalmente abolite le cosiddette forms of action nel XIX secolo, la
memoria di esse è ancora ben presente nel sistema di tutela
anglosassone. Esso, comunque, pur dopo l'abolizione delle cosiddette
forms of action, non ha mai recepito il modello continentale dei
diritti soggettivi, e si è sviluppato nella diversa direzione (della
prospettazione) di concreti rimedi di tutela da far valere davanti
agli organi giudiziari.
Nel
sistema di Common Law il giudizio di rilevanza degli interessi che si
intendono proteggere è dato dai giudici e ciò in occasione della
concessione del rimedio mentre, nel sistema di Civil Law, questo
giudizio promana dal legislatore e ha la veste, si è detto, della
norma attributiva di diritti. Il che dovrebbe spiegare la ragione per
cui, nel sistema di Common Law, la forma di protezione dell'interesse
è espressa in termini di rimedi e non di diritti.
Aldo
Frignani, L'injunction nella Common Law e l'inibitoria nel diritto
italiano
Il
contenuto dell'ordine del giudice può essere duplice: negativo,
quando si comanda di non fare un determinato atto (prohibitive
injunction), positivo quando si comanda di fare un determinato atto
(mandatory injunction).
Si
è già notato che la Common Law conosce diversi tipi di injunctions:
final
injunction-> è concessa dopo che è intervenuta una decisione
giudiziale sul merito (after a full trial on the merits), e diventa
anzi parte integrante di questa, a meno che non si tratti di un
declamatory judgment. In altri termini, essa ha per presupposto
l'accertamento da parte del giudice della violazione del, o della
minaccia al, diritto dell'attore.
preliminary
injunction-> ha tutte le caratteristiche proprie di un
provvedimento d'urgenza o cautelare, il suo scopo è quello di
mantenere lo status quo e di prevenire ulteriori violazioni, i cui
effetti potrebbero risultare irreparabili, nelle more del
procedimento.
L'injunction
bond-> rappresenta un istituto di carattere processuale, la
cui imposizione e determinazione è sempre lasciata alla ampia
discrezionalità del giudice.
Silvia
Ferreri, Le azioni reipersecutorie
In
Italia
Chi
promuove l'azione (cioè il legittimato attivamente) è il
proprietario ". E "la prova della proprietà ha da essere
completa; cioè porre in essere precisamente il diritto di proprietà:
non basterebbe che l'attore provasse di avere un titolo a proprio
favore più forte di quello che vanta il convenuto". Se vogliamo
dirla con la giurisprudenza "ortodossa", la rivendicazione
"ha lo scopo principale di far conoscere, a favore dell'attore,
il diritto di proprietà della cosa rivendicata e, conseguentemente,
di fargliene ottenere la restituzione da chiunque la detenga.
L'attore
è tenuto a dare prova del suo diritto di proprietà, anche se il
convenuto abbia chiesto di provare la legittimità del suo possesso;
di conseguenza, ove manchi la prova incombente all'attore, la domanda
di rivendica dev'essere rigettata, ancorché sia fallita la prova
assuntasi dal convenuto. E ciò perché la posizione del convenuto è
resa forte dal solo possesso, contro il quale il rivendicante non può
opporre soltanto un diritto migliore e più fondato, ma deve
dimostrare che egli è proprietario, e come tale legittimato a
proporre l'azione di rivendica. Se tuttavia il convenuto ritenga
opportuno invocare il titolo che comprova il suo diritto di possedere
la cosa, questa difesa non può tornare a suo pregiudizio e quindi
non vale a escludere il principio del "possideo quia possideo"
e non può implicare rinuncia alla posizione vantaggiosa che al
convenuto deriva dal possesso".
in
tema di rivendicazione non sussiste alcuna norma che limiti la prova
a quella documentale, tanto più che l'azione può esser esercitata
anche da chi abbia acquistato la proprietà per usucapione, senza
necessità di alcun precedente accertamento giudiziale. Ancora ci
informano che qualsiasi mezzo (anche la presunzione: per es. il
possesso, unito con altri indizi) può impiegarsi, per provare la
proprietà come stato, o dato di fatto, mentre occorre la prova
scritta, soltanto per la dimostrazione del contratto traslativo,
ossia quando l'attore in rivendica intenda ricollegare ricollegare il
proprio titolo di acquisto a quello del proprio autore immediato o
risalire la serie degli acquisti precedenti, dai quali dipende il
proprio diritto.
le
"azioni di mero accertamento" ->azioni nelle quali
l'attore non pretende
la
restituzione del possesso, ma chiede "solo che sia
giudizialmente dichiarato, con efficacia erga omnes, che una
determinata cosa si appartiene a lui": apprendiamo che in questi
casi all'attore non è richiesto nulla se non di esibire un valido
titolo di acquisto.
I
mobili smarriti o rubati
In
tutti e tre gli ordinamenti continentali considerati nella presente
indagine, sono esistite o tuttora esistono azioni reipersecutorie
mobiliari che il legislatore ha istituito con caratteri intermedi tra
il petitorio e il possessorio. In Italia sotto il vigore del codice
abrogato, in Francia per la lettera laconica dell'art. 2279, in
Germania per effetto dell'espressa previsione del par. 1007 BGB, si è
attribuito al possessore involontariamente privato del possesso per
un proprio atto di negligenza (smarrimento) o per un sotterfugio
altrui (furto), la legittimazione ad agire contro l'attuale
possessore del bene, realizzando una protezione mediante una pretesa
al possesso non fondata su un titolo proprietario.
La
struttura dell'azione prevista nei diversi ordinamenti è la stessa:
un soggetto che ha avuto il possesso vuole recuperarlo contro il
possessore attuale, dimostrando di esser stato privato del bene senza
il concorso della propria volontà.
Nel
confronto fra Francia e Germania la differenza più significativa
sembra consistere in ciò che in Germania l'attore ha la scelta tra
due diverse azioni, quella di rivendicazione, per la quale egli deve
rivestire i connotati del proprietario, e quella in cui l'attore fa
valere il proprio precedente possesso e, alternativamente, la perdita
involontaria o la mala fede del convenuto.
Nessun commento:
Posta un commento